the wrestler



Staccare la fotografia di quello che sei stato, non c’è spina dorsale abbastanza per la retorica e i giochi di gambe, solo affetto e solo carne malandata e non è troppo tardi per ballare con la vita per ballare con le lacrime per ballare con un cappotto imbottito dai ricordi di un passato sbagliato e non servono le cicatrici non bastano i calci volanti non sono mai bastati come non bastano i - no - e i - non puoi - solenni e brucianti e sanguinanti dentro e sotto la pelle indurita dalle lacrime in ritardo, lanciarsi dalle corde, lanciarsi fra le gambe di un palo luccicante nella doppia vita di un nome inventato oppure di un - ci sono - l’identità non è un avanti il prossimo, non è un nome sbagliato, è solo one two three four… passione per la vita e per fallire e ancora fallire ed essere se stessi senza fasciature nell’appetito per la distruzione che senti in fondo, per sfondare il muro del suono, per accogliere quel che c’è solo quello che c’è e crederci con quella consapevolezza e con quella consapevolezza salire sul palco comunque a ballare fino alla fine, a celebrare l’affetto senza la proiezione di chi non si può essere - ora né mai. Il cinema di Aronofsky che si rialza è solo cuore senza bypass di semplificazione. Hey, non è ancora finita Mickey, noi siamo qui.

[the wrestler, darren aronofsky, USA, 2008]

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